Chips 10 | Quello che sei è più decisivo di quello che sai?
Ci sono qualità che non si comprano.
[Post della Rubrica: più emozioni che didattica. Per i contenuti veri vedere altre Chips in archivio 😊]
Non sono più capace. Non sono più performante. Non sono più presentabile.
Incredibile perché sto parlando di una cosa che mi ha cambiato letteralmente la vita: mi ha fatto arricchire, mi ha migliorato come persona e professionista, mi ha insegnato un metodo, ne ho fatto un lavoro.
Però no, non sono più capace di prendere decisioni ottime di lungo periodo. L’ho capito al tavolo una volta ancora, ma la verità è che lo sapevo già.
Ti racconto.
È divertente perché lo scorso ottobre ero nella baia di St. Paul a nord dell’isola di Malta, luogo dove amo passare gli autunni per staccare, rigenerarmi e pensare alle prossime avventure, quando mi chiama American Express per una sessione di Poker Model Live. Corro.
In foto sopra vedi il momento in cui, mentre racconto quali siano le competenze che il Poker richiede, allena e sviluppa, mi soffermo su quelle che io ho chiamato competenze di “attitudine”, una sezione che sembra la sorella povera dei due blocchi precedenti: le competenze quantitative e quelle psicologiche. E che invece è di pari importanza, se non superiore, a volte.
Sì, perché la matematica o la psicologia le puoi studiare, le puoi imparare, le puoi capire, le puoi usare a tuo piacimento, puoi decidere se farne un punto importante o meno dei tuoi processi decisionali. Un po’ come tutte le competenze.
Ma le tue qualità sono tue. Ci nasci. Puoi lavorarci sopra sì, ma o le hai o non le hai.
(prosegue dopo il quote della settimana)
Una ragazza durante il workshop mi ha chiesto: “Ma quale era il tuo punto di forza?” sotto intendendo al tavolo, ma la riposta vale anche fuori dal tavolo, e probabilmente la ragazza si sarebbe aspettata come risposta le competenze quantitative. E, sì, chiaro, il Dottorato di Ricerca in Statistica e i miei studi scientifici sono alla base dei miei processi decisionali e di ogni mio eventuale successo come persona e professionista. E quando ho capito che potessi usare questa mia competenza anche al tavolo da Poker sono pure diventato un giocatore migliore.
Ma la verità è che se vincevo, al tavolo, il merito non era dei miei studi. Tonnellate di giocatori sono più forti di me, più tecnici di me, più bravi di me. Però il Poker ti insegna che una decisione è buona se è ottima di lungo periodo, ormai se segui Pokertalk lo sai. E, beh, al lungo periodo ci devi arrivare però. E io in quello ero imbattibile. Guarda la foto sopra: vincevo a Poker perché ero il più disciplinato, il più concentrato, il più paziente, il più organizzato. Per non una, non due, non tre, ma anche dieci ore consecutive. Questo era il mio punto di forza e lo sfruttavo al massimo.
Dopo dieci ore io ero ancora capace di giocare il mio A-Game. Così come al lavoro potevo rimanere focalizzato sul progetto da chiudere o altro. Dopo dieci ore senza bere e senza mangiare ero ancora in grado di prendere decisione ottime di lungo periodo al 100% delle mie capacità.
Ma se leggi bene ho detto ero.
(prosegue dopo la foto)
Sì, perché rientrato a Malta, finita la formazione coi ragazzi di Amex, ho avuto la pessima idea di iscrivermi a un torneo di Poker discretamente prestigioso: l’High Roller del Battle of Malta da 1100€ di buy in. Era dal pre covid che non giocavo un torneo serio.
E si è rivelata una scelta fortemente a Valore Atteso Negativo. Perché non so più giocare? Perché non so più calcolare le probabilità di una mano? Perché non so più leggere i miei avversari?
No, le competenze quantitative (di più) e psicologiche (un po’ meno) le padroneggio ancora. Le competenze, anyway, si imparano. Se le perdi le studi nuovamente.
Le qualità personali no. Le perdi e basta.
E io, sarà che sono vecchio o stanco o vecchio e stanco, non sono più il più disciplinato, il più concentrato, il più paziente, il più organizzato.
Non è che ho giocato male, semplicemente non ero più così in forma, fisica e mentale, per giocare, bene, per tanto tempo.
La verità me l’ha sparata in faccia il tavolo. Ancora una volta è il Poker a farmi da Maestro, da campo di allenamento, da trincea. Ma se ci rifletto so bene che mi ero già accorto nella vita di tutti i giorni che non sono più così capace di rimanere focalizzato dieci ore su un tema o un lavoro.
(prosegue dopo il notes)
Quindi, come sempre, scaliamo una marcia, e facciamo in modo che una debolezza, una nuova debolezza, non abbia un impatto mortale sui nostri processi decisionali. Va conosciuta e gestita. E, occhio, il fatto che io dica di non essere più capace di prendere decisioni ottime di lungo periodo non vuol dire che non possa insegnarlo. Arrigo Sacchi ha cambiato il calcio e non sapeva stoppare la palla.
Sapere e sapere insegnare sono due cose differenti. Ci vediamo al Pokertalk.
✏️ Matteo | Pokertalk Chipcount: perché nello studio e formazione personale e professionale every chip counts.
Nessuna AI è stata utilizzata per questo post.