Chips 18 | Cosa vuol dire essere il GOAT? Ma soprattutto quando vuol dire?
Vuoi essere ricordato o vuoi fare soldi?
Messi è più forte di Ronaldo. Rod Laver è più grande di Federer. LeBron è il più forte di tutti i tempi. No è MJ. Mike Tyson o Muhammad Ali. E così via.
Queste argomentazioni non hanno senso. O, meglio, hanno senso al Bar. Sono buoni spunti di discussione, di tifo, di sfottò. Di ricordi, di emozioni, di notti, di vita. Ma non hanno senso.
Goat vuol dire Greatest of all time. Il più grande di sempre. Ma rispetto a cosa? Rispetto a chi? Ai risultati? All’impatto avuto nello sport o nella storia di quello sport? Nel cuore della gente? Negli anni?
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Chiaro che se si contano i risultati Djokovic è sopra Federer e Nadal, ahimè dico io Nadaliano convinto, ma arriverà sempre quello che ti dirà “Eh ma Federer ha più classe” e cosa c’entra? Parliamo di risultati. E allora arriverà sempre quello, generalmente un vecchio incapace di staccare il giudizio dalla sua fase felice della vita, verosimilmente l’adolescenza (ciao Papà 😀 ), che ti dirà “Risultati ok, ma Laver ha fatto il Grande Slam, oltretutto defraudato di molti anni causa querelle dilettantismo/professionismo di quegli anni….” Esatto, quegli anni. Ha senso paragonare professionisti di anni diversi? In qualunque campo. Ove, restando anche solo al tennis, sì lo sport è lo stesso, ma è cambiato tutto. Le dinamiche, le velocità, i materiali, gli appuntamenti.
Chiaro poi che, negli sport di squadra, tenere buoni i risultati ha senso fino a un certo punto. Essendo che non dipende tutto da te. Chiaro che Messi è fortissimo, ma avrebbe vinto tutto quello che ha vinto uguale se fosse nato a Roma? Dove al posto di Iniesta e Xavi avrebbe trovato Perrotta e Aquilani?
E allora cosa conta? L’emozione? Ma quella è soggettiva. Troppo soggettiva. Conta l’impatto? E come lo misuri? Sento dire, non me ne intendo, che Steph Curry ha cambiato il gioco. Questo lo pone sopra a LeBron e Jordan? Boh.
Ma la verità è che forse questa cosa del Goat interessa al Bar, non ai professionisti. Non ai professionisti nel qui ed ora. Sì, perché forse tutta questa questione del Goat è vista nel modo sbagliato. Non è importante essere il Goat domani, ma oggi mentre mi serve per prevalere.
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Ed è incredibile come questo concetto lo senta da Phil Hellmuth che, oltre ad essere uno dei giocatori di Poker più vincenti di sempre, ha sempre cavalcato l’onda della polemica professandosi il più forte di tutti. Invece, proprio lui, ci regala questa riflessione.
“Penso che quello di essere o essere considerato il più grande di sempre in uno sport sia bello, come è bello che molti ritengano che io lo sia nel Poker, ma alla fine dei conti non ne sono così interessato. Quello che voglio è sempre essere il migliore oggi. Da un lato ci sono i risultati all-time che parlano da soli, ma dall’altra parte io non voglio essere un tipo da cerimonie, ma uno che la gente teme di incontrare al tavolo.”
Il Poker ti insegna che la bravura, la forza, la vittoria, si manifesta e si giudica nel lungo periodo, l’abbiamo detto e visto qui in Chipcount mille volte, ma Phil Hellmuth tra le righe ci ricorda che il Poker non è un gioco di poche grandi vittorie, ma di tanti piccoli risultati costanti nel tempo. E per ottenere tanti piccoli risultati costanti nel tempo non è importante essere il più forte domani.
Devo essere il Goat oggi.
✏️ Matteo Fini | Pokertalk Chipcount: perché nello studio e formazione personale e professionale every chip counts.
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